Una piramide nell’Anfiteatro di Pompei: ospita i calchi restaurati, evocando il Vesuvio e l’Egitto
POMPEI. Che ci fa una piramide nell’Anfiteatro di Pompei? Fa riferimento all’Egitto l’allestimento progettato dall’architetto 71enne Francesco Venezia per la mostra “Pompei e l’Europa” nell’Anfiteatro pompeiano.
In questo antico spazio è stata costruita una piramide, completamente removibile, per presentare i calchi restaurati dei corpi delle vittime dell’eruzione (come illustrato nel precedente numero di Made in Pompei), insieme alle fotografie d’archivio che documentano i lavori negli scavi tra ‘800 e ‘900.
La figura piramidale è il frutto di una duplice suggestione: evoca il vulcano che con la sua forza eruttiva seppellì Pompei ed Ercolano, ma rimanda anche alla scoperta del tempio di Iside a Pompei, uno dei primi edifici a essere stati ritrovati e che contribuì a diffondere il gusto egizio in Europa ancor prima delle campagne napoleoniche.
La piramide ha un’altezza di 12 metri, realizzata quasi interamente in legno con una cupola interna in cartongesso. I visitatori la percorrono lungo un tracciato anulare. Al centro sono posti i calchi, e le fotografie, in parte scomposte in frammenti poi ricomposti in pastiches, sono esposte lungo le pareti illuminate da luce diffusa.
L’anfiteatro di Pompei fu costruito dai duoviri Q. Valgus e M. Porcius, molto probabilmente tra l’80 e il 70 a.C. come rivela una lastra in travertino posta al suo ingresso: è tra gli anfiteatri più antichi e meglio conservati, con una capienza di oltre 20.000 spettatori.
Destinato ai combattimenti tra gladiatori, fu eretto nella zona sud-est della città, meno urbanizzata. La cavea è divisa in tre settori: la ima cavea (prima fila) per i cittadini importanti, la media e la summa, più in alto, per gli altri.
Spesso sulle tribune un velario proteggeva dal sole gli spettatori, mentre sull’asse maggiore dell’arena si aprivano due porte: per una entrava la parata dei partecipanti ai giochi, dall’altra erano portati via i corpi esanimi o feriti.