Curiosità linguistiche: tre aneddoti per scoprire le sorprese che riserva la punteggiatura
di Carlo Iandolo
POMPEI. La punteggiatura risulta fondamentale per indicare il fluire delle parole e delle proposizioni specie nella scrittura, dando ordine e chiarezza all’esposizione col facilitare la lettura e la comprensione del senso testuale.
Infatti è evidente la diversità di significato d’una frase quale “Mentre la madre dorme in camera sua, il bambino gioca” rispetto alla collaterale “Mentre la madre dorme, in camera sua il bambino gioca”.
Ma l’importanza dei segnali d’interpunzione soprattutto è ben confermata da tre aneddoti: il primo mostra come si possa facilmente rintuzzare e ribaltare un’offesa; il secondo illustra la salvezza d’un condannato; il terzo causò addirittura l’erronea nascita d’un uomo, poi ufficializzato dalla leggenda e addirittura dalla consacrazione storica nella sua presunta città.
1) Un maestro, superficiale nelle correzioni e restio a controllare soprattutto l’uso della punteggiatura nei compiti dei suoi giovanissimi allievi, ricevette la visita d’un ispettore, il quale con raccapriccio gli annotò e rinfacciò la sua imperizia didattica.
Di fronte alla ferma autodifesa del docente, il quale affermò l’insignificante ruolo di quei piccoli segnali nell’interno del discorso scritto, l’ispettore andò alla lavagna e scrisse: “L’ispettore, dice il maestro, è un asino”.
Pronta arrivò la smentita del docente, il quale dichiarò che mai avrebbe osato una tale affermazione. «Se è cosí, tutto è a posto», replicò l’ispettore che, tornato alla lavagna, punteggiò un po’ diversamente il suo scritto di prima: “L’ispettore dice: il maestro è un asino”.
2) Di fronte alla severa e ingiusta sentenza d’un giudice, che aveva respinto la richiesta di grazia d’un condannato ai lavori forzati senza attendibilità di prove (“Grazia impossibile, deportarlo in Siberia”: tale la motivazione della sentenza), uno zar clemente e giusto corresse lo stesso dispaccio cosí dopo l’attento esame delle carte del processo: “Grazia, impossibile deportarlo in Siberia”.
3) C’era una volta uno storico, chiamato Flavio, il quale in un suo libro precisò: “La bussola fu inventata da Amalfi”, famosa città marinara in provincia di Salerno. Un altro autore, nel compilare il suo libro di storia, prese spunto dalla notizia e ne riportò la fonte da cui l’aveva attinta: “La bussola fu inventata, come è detto da Flavio, da Amalfi”.
Un terzo storico trattò l’argomento ma, sbagliando punteggiatura (errore suo o del compositore?), si espresse nel modo seguente: “La bussola fu inventata, come è detto, da Flavio da Amalfi”.
Fu poi facile nel tempo aggiungere il cognome di “Gioia”, molto comune in quella città campana, e fu cosí che nacque… Flavio Gioia, la cui statua troneggia senza motivazione alcuna nella piazza principale.